Atto Medico
la colonidroterapia secondo amicit
Quando alla fine degli anni novanta, forte di una mia specialità in chirurgia generale ho cominciato a praticare la colonidroterapia con curiosità ed un pizzico di scetticismo scegliendo volutamente il centro termale e non il poliambulatorio in cui lavoravo, perché consideravo questo trattamento adatto solo alle persone sane inserite in un percorso benessere, non avrei mai immaginato che un giorno ne sarei diventato anche un entusiasta sostenitore e ne avrei allargato le indicazioni anche a specifiche patologie. L’esperienza maturata in questi anni ed i numerosissimi casi trattati, mi hanno infatti via via convinto che in tale metodica ci sono delle prerogative di beneficio che vanno ben al di là del pregiudizio da cui ero io stesso partito e con cui viene ancora giudicata da parte di chi non la conosce o non la pratica, al punto da fare una scommessa con me stesso.
Questa scommessa è stata quella di dimostrare che la colonidroterapia, una volta tolta dalle mani dei praticoni e resa un procedimento di medicina integrata, non solo è benefica perché i pazienti trattati ne ricevono e ne riportano un beneficio, ma è un atto medico, sicuro, ripetibile e dotato di tutti i protocolli di sicurezza e verifica necessari. Da qui pertanto la creazione qualche anno fa dell’Associazione Italiana di Idrocolonterapia, trasformata poi nel marzo del 2002 in Associazione Medica Italiana di Colonidroterapia con notifica al Ministero della Sanità per meglio ufficializzare l’inizio di nuovo impegno culturale là dove questo era stato insufficiente od inesistente.
La trasformazione in Associazione Medica, sollecitata da piú parti, si è resa inoltre necessaria per inquadrare nell’interesse di tutti e nel modo piú corretto possibile, soprattutto dal punto di vista etico, un trattamento terapeutico che è andato via diffondendosi e che, proprio per la sua peculiarità, ha e deve mantenere le caratteristiche di un atto medico. Piú recentemente, ma sempre nell’ambito di quella continua evoluzione che fa parte appunto del metodo scientifico da noi seguito, l’Associazione si è trasformata in AMICIT, Associazione Medica Italiana di Colonidroterapia.
Il senso di questa trasformazione è stato duplice: da un lato infatti abbiamo voluto separare definitivamente la idrocolonterapia, con tutte le implicazioni che dietro questo termine e tra coloro che la praticano ancor oggi si celano, dalla colonidroterapia, evoluzione medica moderna di un metodo che vede nella figura dello specialista, possibilmente esperto anche di gastroenterologia e di nutrizione, il punto di riferimento principale. Per meglio sottolineare questo concetto, senza entrare ulteriormente nel merito degli aspetti positivi che la colonidroterapia può rappresentare oggi per molte patologie, quando selettivamente e correttamente eseguita, desidero portare l’attenzione sul protocollo di trattamento che l’Associazione ha elaborato e che da sola, meglio di ogni altra parola, esalta le caratteristiche di un atto medico.
Protocollo della colonidroterapia secondo AMICIT
Prima fase
In questa fase si esegue tutta la diagnostica necessaria per valutare il soggetto da trattare, sia dal punto di vista della salute in generale, sia da quello della funzione intestinale. Oltre alla tradizionale anamnesi, al tipo di lavoro, alle abitudini dietetiche, allo stile di vita, alle malattie presenti e passate, all’esito di eventuali esami radiologici o piú specifici come la gastroscopia o la colonscopia e all’assunzione di farmaci, vanno considerati in particolare i disturbi del sistema gastrointestinale come ad esempio la dolorabilità addominale, la presenza o meno di meteorismo e di flatulenze, la frequenza ed il tipo delle scariche, l’irregolarità delle feci, le alterazioni della loro consistenza e colore, la presenza di sangue o di perdite ematiche, la stipsi, il collegamento dei disturbi con certi alimenti o abitudini comportamentali.
Seconda fase
Prima di affrontare questo importante argomento voglio soffermarmi sulle manovre diagnostiche e preventive che la colonidroterapia consente di eseguire sul paziente e che ne esaltano ulteriormente le caratteristiche di atto medico. Approfittando infatti della posizione ginecologica che caratterizza la colonidroterapia secondo il metodo AMICIT e della necessaria lubrificazione che l’introduzione della cannula d’irrigazione richiede, il medico può praticare prima del trattamento, tutta una serie di manovre utilissime alla prevenzione di patologie anche molto gravi che spesso decorrono in maniera del tutto silenziosa ed asintomatica e che per questo possono sfuggire ad una diagnosi precoce sia per la delicatezza delle parti coinvolte, sia per il pudore che spesso accompagna la loro esposizione. Mi riferisco all’esplorazione rettale, utilissima per apprezzare la tonicità dello sfintere anale esterno, la presenza di eventuale emorroidi, la tonicità dello sfintere interno, le caratteristiche delle pareti anteriore, posteriore, destra e sinistra del canale rettale, il volume e la consistenza della prostata e delle vescichette seminali nell’uomo, la parete posteriore dell’utero, la sua eventuale retroversione e retroflessione, il fornice posteriore, il Douglas e le ovaie nella donna. Utilissima, sempre per la prevenzione dei tumori dell’apparato genitale, la possibilità dell’eventuale esecuzione nella donna di una manovra spesso trascurata anche a livello ginecologico, l’esplorazione retto–vaginale che permette di evidenziare oltre alle caratteristiche del setto retto–vaginale —ricco di linfonodi spia— anche la mobilità e la tonicità del perineo e che, nel caso evidenziasse qualche sospetto diagnostico, può diventare l’occasione di approfondimento per una successiva ecografia transvaginale.
Il lavaggio del colon costituisce invece il momento piú importante della colonidroterapia. Tale lavaggio prevede l’introduzione nell’intestino di piccole quantità di acqua a bassa pressione e a temperatura variabile. I diversi riempimenti ed i successivi svuotamenti, creano un flusso e reflusso continuo dell’acqua che si dimostra particolarmente efficace nel rimuovere le scorie, nel ripristinare la necessaria ossigenazione della parete intestinale, nello stimolare la muscolatura e nel detergere localmente le mucose promuovendo un’azione antinfiammatoria.
Affinché la colonidroterapia possa essere eseguita a regola d’arte, l’AMICIT prevede sempre in questa fase del trattamento le seguenti linee guida:
- La stanza deve avere pavimento e pareti lavabili con una superficie ed un volume sufficienti a contenere tutto quanto è necessario per il trattamento
- Deve essere dotata di un sistema di climatizzazione ed aspirazione dell’aria
- È indispensabile un collegamento diretto con un bagno dotato dei tradizionali sanitari
- Il lettino per il paziente deve essere di tipo ginecologico possibilmente a sezioni mobili e motorizzate
- L’apparecchio per il trattamento deve possedere, oltre al marchio CE, anche tutti requisiti tecnici di sicurezza d’uso
- Deve essere dotato di un sistema per la decalcificazione dell’acqua potabile della rete idrica, di filtri autopulenti e di un eventuale sistema di sterilizzazione con raggi UV
- L’apparecchio deve avere poi un termostato, un timer ed un pressostato, un sistema di visualizzazione del materiale drenato ed un sistema di lavaggio e sterilizzazione dopo l’impiego
- Il materiale drenato deve scorrere in modo non retrogrado nel tubo che va collegato alla rete fognaria
- L’abbigliamento dell’operatore deve essere simile a quello che si tiene in sala operatoria, zoccoli, calzoni e camici facilmente cambiabili, guanti ed eventuale mascherina
- Per il paziente deve essere utilizzato, per motivi di privacy, un asciugamano di medie dimensioni da cingere attorno alla vita
- Indispensabili anche i salvapiedi per lo spostamento dallo spogliatoio al lettino
- Per ottimizzare l’efficacia del trattamento l’AMICIT prevede poi, come abbiamo già detto in precedenza, la sua esecuzione in posizione ginecologica
Tale posizione è molto comoda per il paziente e di gran lunga meno stancante di quella supina. Le gambe sollevate ed appoggiate sugli specifici sostegni permettono infatti di agire su di un addome rilassato al massimo. L’operatore gode inoltre di una migliore manualità per le manovre che sono necessarie durante la terapia. In particolare per quanto riguarda l’inserimento e la mobilizzare della cannula d’irrigazione e per la perfetta ed immediata visione del suo posizionamento. È assai piú facile inoltre eseguire sulla parete addominale tutte quelle manovre di massaggio e di spremitura intestinale che attivano la peristalsi.
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