Protocollo
chiusura del protocollo ed effetti benefici
Con la posizione ginecologica, diventa poi assai piú semplice rimuovere la cannula nel caso si manifesti un fenomeno negativo che imponga la sospensione della seduta. La posizione ginecologica consente inoltre, una volta lubrificato l’ano, di introdurre piú lentamente e delicatamente il dito esploratore anche in presenza di emorroidi e valutare, millimetro per millimetro nel momento di passaggio dall’esterno all’interno, le caratteristiche dello sfintere e del canale anale in tutta la sua circonferenza ed in tutta la sua lunghezza. Ugualmente agevole risulta l’apprezzamento dello spessore del piano perineale.
Nello stesso tempo si può meglio inserire il dito esploratore per cercare di raggiungere posteriormente il passaggio dal retto al sigma in modo da ottenere il miglior orientamento possibile per la successiva introduzione della cannula. A questo scopo, la cannula va adeguatamente preparata. Per fare questo si prende una fascetta e la si avvolge intorno alla cannula stringendola adeguatamente ad una certa distanza dal beccuccio sia per limitarne l’introduzione in base alle caratteristiche anatomiche del paziente, sia per facilitarne poi il mantenimento nella posizione prescelta. Una volta fatto ciò la cannula è pronta per essere delicatamente introdotta con il mandrino.
Il grado di introduzione ed il suo successivo posizionamento dipendono dalla distanza che esiste tra lo sfintere anale e l’anello retto–sigmoideo, oppure dalla presenza di un’eventuale retroversione uterina, entrambi valutati in precedenza durante l’esplorazione rettale. Al paziente viene poi affidato il compito di tenere la cannula in posizione esercitando con la mano un’adeguata tensione sulla fascetta montata in precedenza. Tolto il mandrino dalla cannula si collegano prima il tubicino di mandata e poi il tubo di drenaggio. Il lettino va alzato ed abbassato eventualmente anche dalla parte della testa, quel tanto che consente di ottenere sia una migliore introduzione dell’acqua, sia un piccolo dislivello tra l’ano e l’apparecchio in modo da facilitare il drenaggio per caduta.
Una volta controllata la corretta impostazione dei valori relativi alla quantità, alla pressione ed alla temperatura dell’acqua, il medico inizia il trattamento. In questo caso lo strumento da tenere piú spesso sotto controllo, oltre al termometro e al timer, è il manometro. Il flusso dell’acqua deve infatti generare pressioni che sono in media poco piú sotto o poco piú sopra i 50 mbar (5000 Pa), in relazione alla resistenza indotta dalla distensione intestinale e dalla peristalsi. Particolare attenzione viene posta poi all’osservazione del materiale refluo che passa attraverso il tubo trasparente di controllo e all’esecuzione del massaggio addominale che consente non solo l’identificazione precisa dei vari segmenti addominali, ma anche un’efficace opera di spremitura del torchio addominale.
Tale manovra viene eseguita a scarico aperto mettendo il pollice sul cieco e la punta delle dita sulla spina iliaca anteriore sinistra cui corrisponde di solito la fine del discendente e l’inizio del sigma. Stringendo ripetutamente le dita a tenaglia si ottiene un massaggio molto profondo la cui efficacia non tarda a manifestarsi anche nel colon piú pigro. Quando il paziente sopporta bene il trattamento, spesso, anziché aprire la valvola di scarico e consentire un rapido svuotamento in relazione allo stimolo, si può semplicemente ridurre la pressione al valore di partenza per un minuto o due e, sempre controllando lo stimolo, ritardare lo svuotamento in modo da consentire all’acqua di fluire piú lentamente verso l’alto con una pressione vicina a quella peristaltica. Questo facilita una migliore pulizia.
La pressione può essere poi leggermente aumentata verso la fine del trattamento, quando l’intestino si è svuotato del materiale fecale e riesce a trattenere una maggiore quantità di acqua. La durata del trattamento non è fissa, ma varia a seconda della risposta del paziente. In media va calcolata in tre quarti d’ora circa. Al termine del lavaggio si rimuove la cannula delicatamente ruotandola da una parte e dall’altra soprattutto se sono presenti delle emorroidi. La cannula ed il tubo di drenaggio vengono quindi riposti in un contenitore per rifiuti e non possono venire riutilizzati per alcuna ragione. Una volta abbassato il lettino ginecologico si manda il paziente in bagno per tutto il tempo che gli necessita.
Terza fase
La terza ed ultima fase della colonidroterapia comprende infine gli interventi necessari al perfezionamento degli effetti terapeutici legati al lavaggio intestinale. Anche in questo caso l’AMICIT prevede le seguenti linee guida. Per rendere piú efficace il trattamento e meglio bilanciare il rapporto eubiosi–disbiosi è bene valutare eventuali altre ripetizioni del lavaggio, associando nel contempo la prescrizione di una dietoterapia personalizzata associata ad integratori e ad eventuale modifica dello stile di vita o dei comportamenti sbagliati che possono essere legati soprattutto nella gestione della funzione intestinale. E’ consigliabile inoltre una seduta di richiamo da valutare con il medico quando il trattamento è stato proposto con una finalità salutistica e di prevenzione.
In conclusione quindi, penso di aver vinto la scommessa fatta molti anni fa con me stesso, non tanto per essere riuscito a dare finalmente anche alla colonidroterapia la dignità di un atto medico, quanto piuttosto perché i grandi e piccoli miglioramenti che si ottengono nella qualità della vita sono ormai dimostrati ed estremamente confortanti.
Indicazioni
Il medico incoraggerà la pratica della colonidroterapia in presenza di patologie addominali come la disbiosi intestinale, il meteorismo, il colon irritabile —stipsi alternata a diarrea in soggetti ansiosi soprattutto di sesso femminile— le coliti non complicate, la candidosi intestinale e vaginale, la stitichezza ribelle, legata sia ad un’alimentazione troppo raffinata, sia alla sedentarietà, sia ad alterazioni della mobilità intestinale, sia a cattive abitudini nell’evacuazione (dischezia, resistenza protratta allo stimolo).
Verrà ugualmente consigliata la colonidroterapia nelle patologie che coinvolgono in modo piú esteso l’organismo come ad esempio la malattia cellulitica, dove le tossine locali dovute alla stasi circolatoria si aggiungono a quelle di origine intestinale, l’abitudine al fumo, il sovrappeso, la cefalea essenziale, la malattia acneica, l’invecchiamento della pelle, l’alitosi ribelle, l’indebolimento della memoria, gli stati di affaticamento cronico, le artropatie croniche, la pratica di attività sportive agonistiche. L’eventuale preparazione al trattamento verrà infine stabilita dal medico di volta in volta in modo da personalizzarla a seconda delle diverse condizioni ed indicazioni.
I principali effetti della colonidroterapia
- Normalizza le funzioni intestinali mediante azione fisioterapica di stimolo delle cellule muscolari del colon
- Ristabilisce un corretto pH intestinale, condizione indispensabile per il ripristino di una flora batterica fisiologica
- Normalizza la permeabilità delle pareti intestinali, necessità imprescindibile per il ripristino delle normali funzioni digestive
- Previene i tumori del colon, riducendo il contatto tra la mucosa intestinale ed i cancerogeni introdotti con la dieta
- Ha un effetto antidepressivo per liberazione diretta di betaendorfine a livello cerebrale
- È una via per l’eventuale somministrazione di sostanze medicamentose utilissime all’organismo, evitando in questo modo la barriera costituita dall’acidità gastrica che normalmente riduce l’efficacia di tali sostanze
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